In un futuro neanche tanto lontano, dimenticare il portafogli a casa non sarà più un problema: il mobile payment spopola sempre di più, e se nel 2015 ha avuto una crescita esponenziale, c’è chi giura che il 2016 segnerà una vera e propria svolta dei sistemi di pagamento digitale anche in Italia. A dirlo sono i numeri sempre crescenti delle startup del settore, come le due italiane Satispay e Jusp. La prima, fondata da un team di giovani cuneesi, Alberto Dalmasso, Dario Brignone e Samuele Pinta, ha creato l’omonima app per smartphone e tablet che consente ai titolari di conti correnti bancari in banche italiane di scambiarsi denaro con utenti privati e pagare nei negozi convenzionati in tempo reale. Basta scaricare gratuitamente l’app per scambiare denaro da uno smartphone all’altro in modo veloce, semplice e più economico rispetto alla procedura offerta dai vecchi Rid bancari. La proposta ha incontrato il favore del mercato, infatti in poco più di un anno Satispay ha attratto, ad oggi, più di 50.000 utenti e investimenti per 8,5 milioni di euro.
Nasce invece a Milano nel 2011 dall’idea del giovane programmatore Jacopo Vanetti la startup Jusp, che ha sviluppato in accordo con Fastweb un servizio di mobile Pos per ricevere pagamenti elettronici tramite pc, tablet e smartphone sia per privati che per piccole e medie imprese. L’idea, finanziata con 6 milioni di euro ed incubata nel Polihub del Politecnico di Milano, garantisce costi di transazione bassi e facilità di utilizzo del dispositivo ed è diventata competitiva anche rispetto ai numerosi servizi Pos di oltralpe, come la tedesca Payleven, iZettle o SumUp, anche grazie ad un team che vanta esperti come il CEO Stefano Calderano, ex di Poste Italiane e Banca Intesa ed il COO Bruno Spadoni, ingegnere proveniente da IBM e Cariplo.
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Ma l’innovazione non si ferma qui: è stata sviluppata infatti da Vetrya, gruppo italiano leader nello sviluppo di servizi digitali, la piattaforma Digital Pay, un sistema in cloud con cui è possibile effettuare pagamenti mediante credito telefonico, attraverso il c.d. direct carrier billing, quindi senza utilizzare una carta di credito o un conto corrente bancario ma semplicemente con un addebito sul proprio credito telefonico. Nata nel 2010 ad Orvieto come startup, fondata da Luca Tomassini, presidente e amministratore delegato e da Katia Sgrafena, direttore generale, oggi Vetrya fa innovazione nell’ambito delle telecomunicazioni e nello sviluppo di soluzioni broadband e da Orvieto ha fatto molta strada, arrivando fino alla Silicon Valley con la Vetrya Corporation Inc. e sviluppando collaborazioni con operatori di telecomunicazioni, editori, banche in tutto il mondo.
E c’è anche chi si è spinto oltre il mondo delle transazioni digitali, inventandosi addirittura una propria moneta, il Sardex. Nata nel 2009 sulla scia della crisi economica, l’idea dei sardi Gabriele Littera, Piero Sanna, Carlo Mancuso, Giuseppe Littera e Franco Contu è volta a creare un nuovo modello di cooperazione per le comunità locali, in grado di ridefinire le relazioni tra i soggetti economici : quale miglior modo per combattere la crisi della moneta che crearne una alternativa? Sardex è un sistema di credito reciproco in cui tutti i conti degli iscritti al circuito partono da zero e crescono appena scambiano beni e servizi, mentre i debiti sono accumulabili solo entro un certo limite, correlato ai servizi che possono offrire agli altri utenti. Gli iscritti al circuito Sardex.net possono pagare in euro e in sardex, mentre le tasse sulle transazioni sono pagate in euro (1 sardex vale 1 euro ma non è convertibile). Un sistema centralizzato traccia le transazioni ed interviene per assicurare la stabilità del circuito.
La vera forza di sardex, a detta dei suoi ideatori, è che fa diventare la moneta un sistema di diritti e doveri: si prende qualcosa dalla comunità e si ripaga il debito nei suoi confronti rendendo a propria volta un servizio.
Superate le difficoltà iniziali, legate soprattutto alla diffidenza nei confronti di un sistema così innovativo, questo progetto ambizioso in pochi anni si è trasformato in un circuito di scambio di beni e servizi che ha permesso più di 30 milioni di transazioni, per un valore di circa 84 milioni di euro e il modello è stato replicato anche in altre regioni italiane, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Lazio, Marche, Abruzzo, Molise, Sicilia.
Il mondo delle transazioni online, e non solo, non sarà mai più lo stesso.